16 maggio 2013

Canto delle lumache che vanno al funerale



TI RACCONTO


La personificazione della natura può condurre ad effetti bizzarri. Il poeta francese Jacques Prevert se ne avvale, per esempio, per raccontare favole in versi, come questa delle lumache. In autunno partono le lumachine per andare al funerale di una foglia morta, ma arriveranno in primavera, quando le foglie rinascono, e invece del funerale parteciperanno nell'estate a una grande festa. La favola di Prevert, si riallaccia all'antica tradizione degli animali parlanti, ed anche questa infatti ha, come le favole tradizionali, una sua « morale », cioè un suggerimento scherzoso e ottimistico sul modo di comportarsi nella vita.



Al funerale d’una foglia morta vanno due lumachine,
han la conchiglia nera e il lutto sulle corna,
se ne vanno nel buio d’una sera d’autunno 
ma ahimè quando son giunte è di già primavera
le foglie che eran morte sono tutte risorte
e le due lumachine sono proprio deluse .
Ma ecco viene il sole e il sole dice loro 
suvvia prendete il tempo, il tempo di sedere, 
di bere un buon bicchiere di birra se vi va
e se vi fa piacere prendete l’autobus.
L’autobus per Parigi  partirà questa sera ,
vedrete molte cose ma non prendete il lutto 
che v’incupisce gli occhi e inoltre v’imbruttisce;
le faccende di morti non son mica belle
riprendete le tinte, le tinte della vita .
Allora gli animali e gli alberi e le piante 
si mettono a cantare ,cantano a squarciagola,
il vero canto vivo, il canto dell’estate 
e tutti giù a bere e tutti giù a trincare. 
E' una gran bella sera ,una sera d’estate 
e le due lumachine fanno ritorno a casa,
se ne vanno commosse e tutte rallegrate,
hanno bevuto molto ,barcollano un tantino
ma la luna nel cielo le sorveglia in cammino

Poesia di Jacques Prévert


Fin da quando ero bambina, ho sempre guardato a questi animaletti con grande simpatia mi sembrava che fossero uscite da qualche fiaba e una fata buona con una magia avesse regalato loro quella bella casina, un posticino sicuro e accogliente, dove potersi riposare durante i loro lenti viaggi.  Sempre a proposito della lumaca un po di tempo fa ho letto questo interessante articolo che vorrei condividere con voi .
Uno dei massimi teorici della decrescita, l’accademico francese Serge Latouche, richiama nei suoi scritti la naturale saggezza della “lumaca”, proprio per meglio descrivere le proprie teorie: «la lumaca costruisce la delicata architettura del suo guscio aggiungendo una dopo l’altra delle spire sempre più larghe, poi smette bruscamente e comincia a creare delle circonvoluzioni stavolta decrescenti. Una sola spira più larga darebbe al guscio una dimensione sedici volte più grande. La lumaca, evidentemente dimostra maggiore saggezza degli uomini, “capisce” che quella eccessiva grandezza peggiorerebbe la qualità della sua esistenza e allora abbandona la ragione geometrica in favore di una progressione aritmetica».
L’uomo contemporaneo delle società capitalistiche, va proprio nel senso opposto alla chiocciola. Consuma troppo, butta via troppo e “si mangia” troppo della natura circostante, proprio perché la sua “crescita” o presunta tale non riesce né vuole riuscire a fermarsi. Il delirio consiste nella radicata e irrazionale convinzione che sia possibile una crescita infinita in un luogo, quale è la terra, finito per definizione. La crescita viene associata all’idea di benessere, ma quali sono le prove certe che le cose stiano proprio così? Vista la crescita degli ultimi due secoli, ormai dovrebbe essere maturo il tempo della “paradisizzazione” del nostro pianeta, se le teorie ad essa legate fossero davvero totalmente valide. E invece, sembrerebbe che ci stiamo dirigendo agli antipodi della sfera paradisiaca, tanto che qualcuno in vena di facezie riesce anche a inventarsi improbabili profezie Maya, che conducono diritti all’”inferno”.La società della decrescita, o meglio ancora della a-crescita ( che non rinnega il progresso) dovrebbe invece fondarsi su un sistema di valori capovolto rispetto a quello attuale, ormai in gran parte svuotato di significati.Ci vorrebbero ad esempio non irrilevanti dosi di senso della giustizia, di responsabilità, di valorizzazione e apprezzamento della differenza. L’uso dell’intelligenza non dovrebbe essere visto come un “pericolo” per il sistema e la riduzione degli sprechi dovrebbe divenire la regola invece dell’attuale eccezione.Per giungere a ciò, ci vorrà un non facile percorso che consapevolizzi quanta più umanità possibile su di una circostanza semplice ma a quanto pare difficile da ammettere. I valori su cui si è a lungo fondata la cosiddetta crescita, si sono un po’ alla volta sgonfiati e di essi sono rimasti solo dei gusci flosci, che molti non riescono a vedere come ormai vuoti. Per riempirli di nuova vitalità, occorre in primo luogo liberarsi dell’idolatria dello sviluppo indiscriminato.
La via per questa rivoluzione passa attraverso la messa in moto di un circolo virtuoso fatto di otto “R”.
Rivalutare
I valori borghesi del secolo scorso un poco alla volta si sono prosciugati, lasciando soltanto dei gusci vuoti: megalomania individualistica, rifiuto della morale, egoismo. La società della decrescita dovrà poggiare su un sistema rovesciato di valori. “Amore della verità, senso della giustizia, responsabilità, rispetto della democrazia, elogio della differenza, dovere di solidarietà, uso dell’intelligenza”.
Riconcettualizzare
Diventa necessario ripensare alcuni concetti fondamentali come quelli di ricchezza e povertà, “ma anche il binomio infernale, fondatore dell’immaginario economico, rarità/abbondanza”.
Ristrutturare
“Ristrutturare significa adeguare l’apparato produttivo e i rapporti sociali al cambiamento dei valori”. Per fare un esempio si potrebbero riconvertire le fabbriche automobilistiche in fabbriche di macchinari per il recupero di energia attraverso la congenerazione.
Rilocalizzare
Quello della località è uno dei concetti cardine di tutto il paradigma della decrescita e anche uno dei più anti moderni. “Se le idee devono ignorare le frontiere, al contrario i movimenti di merci e di capitali devono essere limitati all’indispensabile”. La cultura, la politica e il senso della vita devono ritrovare un “ancoraggio territoriale”
Ridurre
Ridurre significa innanzitutto ridurre gli sprechi, in modo da gravare di meno sulla nostra povera biosfera. È inaccettabile che oggi i paesi ricchi producano 4 miliardi di tonnellate di rifiuti l’anno. Altre cose da ridurre urgentemente sono gli orari di lavoro, per restituire il tempo a tutto quello che rende la vita degna di essere vissuto e il turismo di massa, con le sue gravose conseguenze, come l’inquinamento e la distruzione delle destinazioni che subiscono questo turismo.
Riutilizzare/riciclare
Forse la più scontata delle “R”, è un concetto ormai dato per acquisito, allora come mai le amministrazioni e la politica non lo hanno ancora trasformato in un cardine del nostro sistema produttivo?



E allora amiche mie...impariamo dalle sagge lumache a non desiderare il superfluo..... affinchè tutti abbiano il necessario e la nostra bella terra possa tornare ad essere vivibile per ogni creatura ......umana...animale e vegetale


1 commento:

  1. è vero cara viviamo nell'era del consumismo e non ci accorgiamo che abbiamo troppo di tutto e che continuiamo così finirà col mancarci il neccessario !!! buona giornata... di pioggia..

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